e tu insisti, dici che esisto, le prove ti rispondo
non bastano i nomi, le cose le cose, capisci?
anche tu confondi preda e ombra, senti dolore?
certo se pizzichi e mi pungi, ma credi che basti
la certificazione nervosa, alberi ne abbiamo
ma il bosco il bosco, ho prodotto e consumato,
poco, e questo non si perdona, si salverà
chi corre, chi occupa un vano, chi ha la mano
dentro il tritacarne, fuori da questa febbre
non siamo che fame, allora parla parla parla,
vivi in giochi di parole, nei lisi fili di frasi,
reti di rame, schermi che il tempo calcificano
e muri di presente accesi sempre, un nemico
calmerebbe l’ansia, una lotta, una breccia,
ma tolte le tracce, i pittogrammi, le foto, il fato
cosa resta? tolte le scarpe, le chiavi di casa,
i vasi d’erica, cosa resta? tolti i segni
che appiccico su carta da parati, i romanzi
in bottiglia, i segnali morse col cucchiaio,
e se tolgo pure te di mezzo, cosa resta?
in quale tempo e luogo, in quale pelle
sono nato e vissuto, in quale stagione
umana ho seminato corti gesti, ho perso
le prime proprietà (corpo e fiato) mai messe
a registro, le attese spastiche, la tua
e la nostra fioritura, e assieme a noi il bosco?(e potrò dire un giorno, saprò
dire, ma dopo, non ancora, dopo:
trovandomi per strada: “è quasi buio”
ecco, e se non basterà, dirò così:
“sono stanco” oppure “accendiamo
anche quella luce”, non ora, no)
Andrea Inglese
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