La prima cosa bella di giovedì 30 aprile 2020 sono le ninfee di Monet, chiuse in una cassa, dentro un caveau, in un antico palazzo di Bologna. Sepolte. Eppure mai più belle di così. Le tele sono arrivate dalla Francia per una mostra che doveva aprirsi a marzo ma non è iniziata mai e ora è rinviata a data da destinarsi.
I conti vietano il via a metà maggio: farlo costerebbe cinque volte i ricavi dei biglietti. E le frontiere chiuse impediscono di rispedire le opere al mittente.
Le ninfee restano lì, recluse nell’oscurità di un futuro incerto, un po’ come noi tutti. Monet ne ha dipinte circa 250: colori diversi, diverse pennellate e soprattutto diversa luce. Con il tempo le forme si sono rarefatte, quasi svanite. Non dipingeva più le ninfee, ma l’idea delle ninfee. Stava, semplicemente, tornando indietro, all’origine delle cose. Questo dovete pensare. La bellezza non è chiusa a chiave dentro a una cassa, in un caveau, nei sotterranei di un palazzo. E’ in attesa di uscire, è nel mondo inaccessibile della fantasia che aspetta di rivelarla alla luce attraverso la creazione. E’ al momento un’idea, ma nuova, una variante, qualcosa che non avete mai visto prima, anche se credevate di aver visto tutto. Perché una rosa è una rosa.
Ma una ninfea non è mai una ninfea.
Gabriele Romagnoli