Alighiero Boetti, Agata 1975.
Agata che s'incastra
"Non mi ricordo di aver mai visto mio padre uscire per andare al lavoro. Non si rasava, non metteva la cravatta. Non parlava mai di colleghi e di stipendio. A volte dormiva tutto il giorno, altre volte spariva per giorni, settimane, addirittura mesi. Se i figli volevano trascorrere del tempo con lui bisognava che si rassegnassero a entrare nel suo mondo, nel suo modo di vivere, sul suo terreno di gioco preferito: la sua testa, il suo cervello e preferibilmente nel suo studio, che sembrava tutto tranne che un luogo di lavoro, era uno spazio immenso, spesso vuoto, con un tavolo da ping pong che serviva da appoggio per barattoli di pittura, acquerelli, pennelli, colla, spray di tutti i colori ma anche altri oggetti che poco centravano con la pittura: una forchetta, ritagli di giornale, un'armonica a bocca, una macchinina, dei bottoni, un tappo di sughero"